I responsabili dei morti di Genova come Riina: da condannare all’ergastolo!

di Giorgio Bongiovanni – 7 novembre 2011
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Condannare i responsabili della catastrofe di Genova per omicidio volontario (anche se l’ipotesi di reato contestabile potrà essere solo quella di omicidio colposo). Questo dovrebbero chiedere tutti i cittadini dopo quanto accaduto nei giorni scorsi. Sei persone hanno perso la vita a causa delle piogge torrenziali, ma ancora una volta l’uomo non è esente da colpe. Le grandi stragi del passato, come quella del Vajont, non hanno insegnato nulla.

Non era la prima volta che il fiume Bisagno usciva dagli argini. Era già accaduto nel 1970 e oggi come allora il ponte ferroviario ha fatto da tappo, creando un muro liquido che ha impedito lo sfogo al rio Fereggiano, che si getta nel Bisagno appena un chilometro prima dello stesso. Così cinque persone sono morte in una palazzina. A individuare le cause del disastro è stato il professore Alfonso Bellini, il geologo incaricato dalla Procura, che ha aperto un fascicolo per disastro e omicidio colposo plurimo.
Perché nessuno ha fatto nulla dal ’70 ad oggi? Il governo dell’epoca aveva individuato nella messa in sicurezza del Bisagno come la seconda “emergenza nazionale” da risolvere. Per quale motivo non è stata sistemata l’interratura del torrente, giudicata da tutti come “insufficiente”? Quella che era un’emergenza è stata affrontata con calma dalle classi dirigenti di quel territorio, incaricati dal presidente del Consiglio Emilio Colombo di risolvere il problema. Dopo 18 anni di lunghi dibattiti nel 1989 è stato approvato il “progetto pilota” dello scolmatore del rio Fereggiano, ma i lavori si sono fermati a causa della Tangentopoli genovese e il canale è tutt’oggi abbandonato. Così nel 1998 si è ripartiti con l’allargamento dell’alveo e lo scavo del fondo, cominciando dal mare. Un’opera divisa in tre parti. La terza è stata approvata di recente (giugno 2008) dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici presieduto da Angelo Balducci, ovvero il principale imputato al processo sulla “cricca” assieme ai vari Anemone e Bertolaso, ma mancano i fondi e l’opera non è stata ultimata.
Oggi il procuratore di Genova Vincenzo Scolastico, che indaga sul disastro, in un’intervista a “La Repubblica” ha commentato: “Non bisogna più inchinarsi al dio della speculazione. Non è possibile questo ripetersi delle alluvioni. Gli amministratori devono capire che si deve interrompere questo processo di impermeabilizzazione di Genova provocato dalla cementificazione. Fino agli anni ’70 una colata di cemento sotto forma di palazzi, oggi buchi continui per autosilos e garage sotterranei. Puoi costruirli anche perfetti, ed è tutto da vedere, ma il dato oggettivo è che prima c’era della terra che drenava e assorbiva e oggi c’è cemento che non ferma un bel niente”.
Ed è proprio questo il problema. Perché è difficile pensare che politici, tecnici ed imprenditori non conoscessero i rischi. Dirigenti che hanno, alla luce dei fatti di oggi, le mani sporche di sangue per aver permesso un tale scempio edilizio senza batter ciglio. Questi personaggi assetati di denaro dovrebbero essere condannati all’ergastolo. Perché non c’è differenza tra questa gente e il “capo dei capi” di Cosa Nostra, Salvatore Riina. Tutti pienamente consapevoli di quel che stavano facendo. Stragi di Mafia, stragi di Stato, stragi di innocenti, ma pur sempre stragi. Tutte in nome del potere e del vile denaro.

Fonte:Antimafiaduemila