Ecuador: 9 miliardi di dollari di multa alla Chevron.

Un pozzo nella zona di Lago Agrio, in EcuadorMILANO – Oltre nove miliardi di dollari di risarcimento per aver trasformato una parte dell’Amazzonia ecuadoriana nella zona industriale «più contaminata del mondo». È una sentenza storica quella pronunciata lunedì dal giudice di Lago Agrio, Nicolas Zambrano, che ha condannato la Chevron a pagare una delle multe più salate della storia. La corte ha stabilito che la multinazionale americana per quasi 30 anni ha inquinato irreparabilmente il territorio ecuadoriano provocando gravi danni alla salute della popolazione locale.

RISARCIMENTO – La causa, iniziata nel 1993, era stata promossa dalle comunità indigene contro l’allora società petrolifera Texaco, poi assorbita dalla Chevron. L’accusa inizialmente aveva chiesto il pagamento di 27 miliardi di dollari (come riportato da un reportage di Ettore Mo sul Corriere della Sera) e in una documentazione di oltre 200 mila pagine erano state raccolte innumerevoli testimonianze e prove che dimostravano come nel corso degli anni lo sversamento di miliardi di litri di scarti in corsi d’acqua e fiumi locali da parte della multinazionale abbiano provocato gravissimi danni all’ambiente e un aumento esponenziale di malattie mortali come la leucemia e il cancro tra le popolazioni indigene. Nella sentenza di 188 pagine, il giudice Zambrano ha accolto le accuse delle popolazioni locali e ha stabilito che i danni provocati dalla multinazionale ammontano a 8,6 miliardi di dollari. A questi bisogna aggiungere circa un miliardo di dollari che la Chevron dovrà pagare alla Amazon Defense Coalition, l’associazione che raggruppa i querelanti. Inoltre, se Chevron non si scuserà pubblicamente entro 15 giorni tramite annunci sui giornali americani ed ecuadoriani, la sentenza prevede il raddoppio della multa.

COMMENTI – «Quella contro la Chevron», ha dichiarato al New York Times David M. Uhlmann, esperto di diritto ambientale dell’Università del Michigan, è una delle più importanti sentenze mai comminate nella storia per la contaminazione ambientale. È sicuramente inferiore ai 20 miliardi di dollari che la Bp ha accettato di pagare per risarcire le vittime della marea nera nel Golfo del Messico, ma è comunque una decisione storica». D’accordo sono i membri dell’Amazon Defense Coaliton che confermano: «È la prima volta che un popolo indigeno fa causa a una multinazionale nel Paese in cui i crimini sono stati commessi e ottiene giustizia». Pablo Fajardo, il coraggioso avvocato trentottenne che ha difeso i diritti degli oltre 30 mila cittadini indigeni, parla di «trionfo della giustizia», ma afferma che i danni provocati dalla società petrolifera sono ben maggiori: «Abbiamo intenzione di presentare ricorso perché riteniamo che il risarcimento non sia sufficiente. Secondo un rapporto recentemente presentato in tribunale i danni potrebbero ammontare a 113 miliardi di dollari».

APPELLO – Quello che è certo è che l’ammontare del risarcimento supera anche i 5 miliardi di dollari che la ExxonMobil, la più grande società petrolifera del mondo, fu inizialmente condannata a pagare per il disastro petrolifero in Alaska del 1989. Da parte sua la Chevron, attraverso il portavoce Kent Robertson, definisce la sentenza «illegittima e inapplicabile» e afferma che ricorrerà in appello: «Questo giudizio è il prodotto di una frode», dichiara Robertson. «Dall’inizio è stato ideato un piano che avevo lo scopo di gonfiare la stima dei danni per portare i giudici corrotti a comminare una pena di poco più bassa». Rafael Correa, presidente socialista dell’Ecuador dal 2007, afferma che nessun risarcimento restituirà la salute ai suoi concittadini e l’ecosistema dell’Amazzonia: «La società petrolifera», spiega Correa, «ha commesso un crimine contro l’umanità. Villaggi interi sono stati sterminati a causa dell’inquinamento».

Fonte: Corriere della Sera.it