Ritorno a Sparta

Risale a pochi giorni fa la proposta del presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini, di tornare alle classi speciali per gli alunni diversamente abili. Una proposta che aveva fatto discutere e che aveva fatto sussultare quanti negli anni hanno lottato e si sono battuti per l’integrazione di questi studenti più fragili nelle aule degli istituti scolastici. Le esternazioni del politico della Lega Nord costituiscono, tuttavia, solo l’ultimo attacco in ordine cronologico al diritto dei disabili a frequentare le scuole. Solo poche settimane fa era stato un professore del conservatorio di Milano, Joanne Maria Pini, a lamentarsi su Facebook del numero eccessivo di alunni con handicap nelle classi, proponendo un ritorno alla rupe Tarpea e invocando la selezione naturale. “Volevo solo dire la mia, mettendo da parte il politically correct” si era poi scusato il docente, forse non accorgendosi del dolore provocato a quanti si trovano a vivere e a gestire una situazione di handicap. Posizioni inquietanti che sono frutto del cambiamento culturale introdotto dai tagli della riforma Gelmini che hanno depauperato e inaridito la scuola, facendone pagare le conseguenze agli studenti più deboli. Eppure non sono tanti gli alunni con handicap che frequentano gli istituti scolastici. Se le percentuali reggono per quel che riguarda le elementari e le medie, il dato subisce una notevole flessione nelle superiori. Lecco e Padova, stando alle elaborazioni sindacali, le province meno virtuose, dove le percentuali scendono sotto l’un per cento, a fronte di una media nazionale superiore all’1,3. Il dato del capoluogo lariano pari allo 0,99 pone delle riflessioni, visto che da questa città provengono due esponenti di spicco della politica, il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, e Giulio Boscagli, assessore regionale alla Famiglia, Conciliazione, Integrazione e Solidarietà sociale che hanno basato la propria campagna elettorale sulla tutela di valori quali appunto l’altruismo, il sostegno alle famiglie e via dicendo.

PeaceReporter ha intervistato Alvise Zuppani, professore di inglese al Bachelet di Oggiono e al Viganò di Merate, due dei principali istituti superiori della provincia lecchese.

Come commenta questo triste primato della città lariana?

Credo che dipenda dal contesto culturale, la gente ha ancora la tendenza a nascondere e a tenere in casa i parenti disabili. In generale c’è una scarsa attenzione verso la disabilità e questo è evidente anche a livello architettonico. Solo da qualche anno si sta iniziando ad abbattere le barriere, con molto ritardo rispetto ad altre città italiane. Alle carenze delle strutture scolastiche, che emergono soprattutto nell’ambito delle superiori, si pone rimedio con le associazioni che sono un universo molto dinamico e attivo sul territorio.

È un problema avere in classe uno studente disabile?

No, ma bisogna avere i mezzi e le risorse per poter gestire la situazione. L’anno scorso avevo una classe di trenta alunni con tre ragazzi disabili, di cui uno molto grave. A stento sapevo quali fossero le loro difficoltà e non riuscivo a seguirli in alcun modo. Nei professionali spesso ci sono dei seri problemi nella gestione dell’ordine e manca il tempo per dedicarsi a un singolo studente. Una volta le classi con alunni diversamente abili non potevano superare le venti unità, in modo da permettere al professore di prendersi cura anche del ragazzo con handicap. Ora questo non è più possibile. L’anno scorso la situazione è migliorata solo quando è arrivato il docente che aveva ottenuto il contratto di solidarietà e che svolgeva la funzione dell’insegnante di sostegno.

Che cosa si intende per contratto di solidarietà?

È il frutto di una convenzione a livello regionale. A partire dall’anno scorso, alcuni precari che hanno perso il posto sono stati re-impiegati con un numero di ore raddoppiate come insegnanti di sostegno. Si tratta di persone che non hanno alcuna formazione relative al mondo dell’handicap, che vengono semplicemente riciclate.

Cosa pensi dell’affermazione della proposta del presidente della provincia di Udine di tornare alle classi speciali?

Non mi trova d’accordo in alcun modo e penso che sia un’idea che ci riporta indietro, per quanto l’inserimento dei disabili è una questione molto delicata che pone delle riflessioni. La Lega, invece, semplifica e fa leva sui sentimenti più bassi, sull’egoismo. Il dato più sconcertante da registrare è che purtroppo molte persone sono d’accordo con quanto affermato da Fontanini. Non ci si rende conto che una società che non è in grado di integrare chi non è bello o perfetto fisicamente, è una società che aumenta i conflitti sociali. Si crea un ghetto che prima o poi esplode, come la storia insegna. Ho lavorato per un periodo in un Cse (centro socio-educativo) dove mi occupavo di casi molto gravi. All’inizio ero molto scettico e più volte mi sono chiesto che senso avesse fornire un’educazione a questi ragazzi. Col tempo, però, mi sono reso conto dell’aiuto che veniva dato alle famiglie e che la disabilità fa parte della vita. Relazionarsi con le persone con handicap aiuta a capire che l’orizzonte non può essere solo rappresentato dal divenire velina o calciatore, ma che esiste un discorso di solidarietà e comunità. Per questo sono convinto che avere un compagno disabile possa costituire una risorsa importante per una classe, perché aiuta gli altri ragazzi a scoprire un universo e valori di cui spesso non ci si ricorda.

Quale il futuro della scuola?

Sono molto pessimista in questo momento. La didattica è sparita dagli obiettivi e tutto è ridotto a burocrazia, l’unica preoccupazione è far quadrare i bilanci. Non sono per i buoni sentimenti e penso che la scuola si trascini da anni problemi enormi, quale ad esempio la totale mancanza di meritocrazia, e questo è anche responsabilità dei sindacati che non si sono mai mossi per isolare quei professori che stavano in classe a scaldare la sedia o a leggere il giornale. Ora la situazione scolastica è degenerata in maniera profonda, ma penso che la maggior parte della popolazione si accorgerà del danno solo tra dieci o quindici anni, visti che ormai si è abituati a ragionare sul breve periodo, senza pensare alle conseguenze future. La scuola pubblica è un valore che va difeso.

Agnese d’Accardi

Fonte:Peacereporter