L’ultimo appello di termini “Qui senza Fiat resta solo la mafia”

Mentre parla, Roberto guarda spesso alla piana di Termini Imerese, com’era e come sarà. “Qui una volta c’erano solo agricoltura e pesca, un immenso carciofeto, il mare”. Erano gli anni Sessanta, l’avvio dello stabilimento Fiat sarebbe arrivato nel 1970 e con esso una grande fabbrica intorno a cui è maturata una zona industriale: le auto, la centrale dell’Enel che era stata costruita nel 1966 e poi, più in là, il progetto incompiuto del polo chimico.

Gli anni Sessanta di Roberto Mastrosimone, oggi dirigente della Fiom, entrato in fabbrica nel 1988, operaio per oltre vent’anni, coincidono con la sua infanzia. Quando la Fiat sbarca in Sicilia, lui ha solo otto anni e ricorda l’entusiasmo per l’opportunità concessa a quel territorio che aveva conosciuto soltanto agricoltura, artigianato e pesca. Oggi la fabbrica sta per scomparire, chiuderà a fine 2011, ripete la Fiat. E in questi 40 anni la crescita economica, sociale e, aggiunge, “culturale” non c’è stata. Domani il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani si vedrà con l’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne e discuterà anche di questo stabilimento, delle alternative possibili. A Termini aspettano, ma per ora il futuro è solo una grande incognita.

La crescita degli inizi
Allora, erano gli anni Settanta, l’Italia cresceva impetuosa tra lotte operaie, ristrutturazioni, crisi della politica, sviluppo ma anche progresso civile. E Termini Imerese si muoveva in questa corrente. “Nel 1970 la prima macchina che produciamo è la 500. Lo stabilimento si chiama SicilFiat, è un’iniziativa dell’azienda torinese possibile grazie alle risorse pubbliche. La costruzione della fabbrica è a carico della Regione che avrà una partecipazione nella nuova società, con il 40 per cento nelle mani della Sofis [l’ente di finanziamento alle industrie, ndr]”.

Dopo sette anni la partecipazione della regione siciliana cessa e Termini Imerese continua a crescere. Dalla produzione della 500, con 350 addetti, nel 1974 arriva la 126 e nel 1978 si arriva al balzo con la produzione della Panda e la crescita degli addetti che, passati a 1500, arrivano poi a 3200 negli anni 80. Racconta Mastrosimone: “Negli anni Ottanta in fabbrica ci lavoreranno fino a 4 mila persone. Io sono entrato nell’88, quando le cose cominciano a cambiare e alle liste del collocamento si sostituiscono i Contratti di formazione lavoro, nei quali è l’azienda che sceglie chi assumere e la raccomandazione diventa decisiva”.

Le promesse di Marchionne
Nel 2002 c’è la prima lotta contro la chiusura. Siamo in pieno periodo di movimenti, tra Genova e le lotte per l’articolo 18, e la protesta di Termini Imerese conquista una grande visibilità. Fino all’arrivo di Marchionne.
“E’ il 2006 quando Marchionne viene a Termini Imerese e fa il giro della fabbrica. Incontra i quadri, i dirigenti, ovviamente, e poi fa una riunione con tutti i delegati sindacali. E ci spiega le sue intenzioni. Dice che farà il più grande stabilimento del Mezzogiorno con un ampliamento degli occupati di 2500 unità: 2500 nuove assunzioni, un dato enorme per una zona come la nostra. Del resto, spiega che vuole fare 200 mila vetture l’anno, anche se non si sbilancia sui modelli. Con il piano Marchionne, si sarebbe passati a 5 mila addetti in tutto. L’intero indotto sarebbe stato trasferito a Termini Imerese, con la Regione che avrebbe messo a disposizione i terreni. E infatti le fabbriche dell’indotto vengono a fare i sopralluoghi, si convincono che è tutto vero, vengono i geologi per i rilevamenti e parte il progetto. Io il progetto l’ho visto, finanziato ancora una volta dall’agenzia regionale, l’ Asi. Si trattava di 1,2 miliardi di investimenti, per metà finanziati dalla Fiat e per metà da soldi pubblici, di cui 250 milioni messi dalla Regione e 450 milioni dal governo (l’incaricato era Sergio D’Antoni)”.

Ma tra il 2006 e il 2008 le intenzioni della Fiat cambiano. “Intanto si dimette il presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, condannato per mafia. Poi cade il governo Prodi, infine la crisi internazionale, prima della finanza poi dell’economia. La Fiat ci convoca: rimandiamo il progetto, la fase è di grande incertezza politica, non ci fidiamo”, spiega Mastrosimone. Ma non è ancora un addio perché contestualmente si realizza un accordo scritto tra l’azienda e i sindacati per cominciare a produrre la Lancia Y, assumere 250 addetti con l’obiettivo di costruire 120 mila macchine e attivare 550 milioni di euro di investimenti di cui il 20 per cento pubblico”.

Il progetto viene sottoscritto il 9 aprile 2008, con la partecipazione del ministero dello Sviluppo Economico e della Regione Sicilia. Le settimane successive, secondo Mastrosimone: “A quel punto vengono avviati i corsi di formazione, nell’estate 2008, anche questi finanziati con soldi dello Stato: un mese di corso per tutti i lavoratori. Occorre ristrutturare lo stabilimento e viene comprato un nuovo capannone per spostare gli operai. Arrivano anche i robot nuovi e di quei 550 milioni da investire ne vengono spesi subito ben 90 milioni. A inizio 2009 la doccia fredda: non facciamo più niente. Fiat annuncia la chiusura dello stabilimento e scarica il problema sulle spalle del governo. Che dal canto suo non fa niente”.

Ora a Termini Imerese ci “si riposa” per via della cassa integrazione che dura da anni. “La cassa integrazione l’abbiamo sempre avuta, per due settimane, due mesi, anche per sei mesi continuativi. In quei casi si aspettava di tornare a lavorare pur con la difficoltà di un salario diminuito rispetto a quello normale, l’incubo di finire nelle mani degli usurai ma anche della depressione o di non poter affrontare emergenze di salute”. Solo che stavolta non si è in una fase di cassa integrazione normale, pausa quasi fisiologica tra un picco produttivo e l’altro. Stavolta è funzionale alla chiusura dello stabilimento. Colpa anche, secondo Marchionne, degli sciopero il giorno della partita: “La storia dello sciopero per la partita della Nazionale è una palese cazzata – replica Mastrosimone – e quando annunciò la chiusura dello stabilimento fu proprio Marchionne a dire che gli operai di Termini sono tra i migliori del gruppo e che si distinguono per impegno, capacità e professionalità. Fino a qualche anno fa il giudizio era positivo”.

Come si chiuderà la parentesi industriale di Termini Imerese? Quando pensa al futuro Mastrosimone non è incline all’ottimismo: “Noi abbiamo il dovere di credere che ci sarà una via d’uscita. Io voglio sperare e mi batterò per una soluzione che dia un futuro a questo pezzo di terra. Ma certo, quando penso che il 31 dicembre del 2011 tutto potrebbe chiudere si fa strada il rammarico e ripenso alle opportunità, alle generazioni che sono passate, ma anche a com’era la Piana negli anni Sessanta, ai carciofeti, al mare. Penso che abbiamo fatto tutto quello che c’era da fare e non possiamo fermarci ora”.

Fonte: Il Fatto Quotidiano